Amore e altre pippe mentali

La verità è che vorrei parlare dell’amore che non ho e non ci riesco perchè non ce l’ho. Le persone, generalmente, riescono a parlare di cose anche scrutandole solo da lontano e senza necessariamente averle toccate. Si avvicinano con la mente all’oggetto, lo sfiorano e poi fuggono! E descrivono, perlopiù, nei loro discorsi, la bellezza della scomparsa della flebile connessione mentale con ciò che non hanno mai posseduto realmente. Io non so farlo con nulla, figuriamoci con l’amore.

Ma forse io l’amore in corpo, come fluido che scorre, non ce l’avrò mai. Lo vedrò solo come un lampo che non esplica il suo tuono. Parlo di quel lampo che illumina stanze intere e che non noterai mai senza occhi aperti. Certo, potrei anche accontentarmi. Ciò significherebbe però fare a meno dell’amore perchè con l’amore ci si sazia, non ci si fa lo spuntino. Forse però io sogno troppo. Immagino sempre che un giorno, qualcuno tiri fuori i miei perchè e non mi aiuti a cercare risposte ma mi mostri che sia così semplice vivere da non aver più bisogno di rispondere per respirare, da non aver più bisogno di morire per rinascere.
Non sto parlando di cos’è l’amore. Credo di star parlando di cosa sia l’amore dentro di me. E’ un germe immobile, e fin quando rimarrà tale non potrò viverlo. Ma in cosa ha bisogno di trasformarsi un germe per diventare ciò che vorrei diventasse? Forse in nulla. Forse dovrebbe semplicemente infettarmi, indurmi alla dipendenza e quindi cercare un antidoto, o un altro malato. Non so neanche cosa sia questa dipendenza, questa infezione.

Conosco solo l’attrazione fisica e mentale e sono totalmente incapace di provarle assieme. So con chi farei l’amore, quello fisico, so con chi parlerei per ore. Eppure non so mai con chi amerei. Forse non avendo mai amato, penso che ciò a cui porti il sentimento sia amare assieme, in due e non amarsi l’un l’altro. Oppure potrebbe essere proprio così.
Ho paura anche solo di rifletterci. Che poi alla fine, amare assieme cosa? L’essere veri, in carne ed ossa e il toccarsi, il congiungersi, l’apprezzare le parti ruvide della pelle fino a reputarle lisce, l’annegare nel buio e non avere mai paura della sua infinità. Parlo a vanvera ma nel caso qualcuno abbia riconosciuto considerazioni almeno parzialmente giuste, beh, può farmi un cenno.

Non voglio essere affamata di sola carne come tutti. Voglio aver fame di parole difficili da pronunciare, di spasmi per l’incertezza e l’inconsapevolezza e voglio aver fame di sudore dopo il coraggio di aver parlato nel cuore di chi volevo ascoltasse. L’uragano di sensazioni che mi aspetto mi fa apparire sempre molto ambiziosa agli occhi delle persone che hanno sempre affrontato solo un pò di pioggia. E a volte grandine. Ma è normale.

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